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Viaggio a Rishikesh: emozioni, scoperte e il cammino dello yoga


Ora che mi sono fermata a scrivere di questa esperienza, sono sopraffatta dalle emozioni.


Viaggio a Rishikesh con volo Air India e poi taxi

Avevo già volato con Air India e, praticamente, già al check-in bagagli si entra nel mondo indiano: colorato, rumoroso, ingombrante, variegato, sorridente.


All’aeroporto di Malpensa, a ogni passo si perde un po’ della luce esterna, del meteo, del contatto con il ritmo naturale del giorno e della notte. Le luci bianche sono fortissime.


Mentre, con largo anticipo, mi dirigevo al mio gate, ho attraversato corridoi di negozi stupendi. Eppure, all’idea di doverci lavorare, di trascorrere giornate senza sapere che tempo c’è fuori, mi sono rattristata.


Anche in volo, questa luce artificiale era onnipresente. Sopraffatta dai display, ho indossato la mia mascherina per dare un po’ di pace agli occhi.


A un certo punto, forse le hostess hanno iniziato a servire the e caffè, tolgo la mascherina spalanco gli occhi: una ragazza incrocia il mio sguardo e ci ritroviamo entrambe con un’espressione stupita: ci accorgiamo dell’alba.


Anzi, ci rendiamo conto che stiamo proprio andando incontro al sole. Il rosso, il giallo, mi riportano alla luce, alla naturalezza dei colori della natura. È un momento magico, mi risveglia in tutti i sensi.


Arrivo a Delhi

All’arrivo, tutto fila liscio: dogana, ritiro bagagli… Poi, però, la fluidità si inceppa un attimo.

Dall’Italia avevo già deciso di non attivare nessun sistema di connessione dati a pagamento: il tassista mi avrebbe trovato lui. Se necessario, avrei fatto alla vecchia maniera e avrei chiesto informazioni.

Il tassista, però, non lo trovo. Invece, incontro una ragazza italiana conosciuta in coda alla dogana che, spontaneamente, mi offre il suo telefono.


Bastava fare altri dieci passi: il tassista era lì, con in mano un foglio su cui riconosco il mio nome.


È incredibile come, anche a migliaia di chilometri da casa, non ci si perda mai davvero.

Saluto la mia connazionale e mi lascio guidare dal tassista verso l’auto.


Per fortuna, la stanchezza prevale sulla curiosità di guardare fuori dal finestrino: in questo modo supero indenne il traffico di Delhi e il caos della guida senza regole. Il mio sonno è scosso solo da frenate brusche e colpi di clacson. L’autista ha uno stile di guida decisamente aggressivo, ma forse è questo l’unico modo possibile.


Per me, guidare senza regole è impensabile… Prima lezione: fidarsi.

L’arrivo a Rishikesh

Rishikesh è un mondo a parte rispetto a Delhi. Siamo ai piedi della catena dell’Himalaya: l’aria è più fresca, i rumori meno intensi, le scuole di yoga ovunque. La città si affaccia sulla riva del Gange.

Dopo aver sistemato le prime formalità per l’alloggio e la scuola, non resisto: salgo su un motorino e mi dirigo subito verso il fiume sacro.


Qui l’acqua è ancora chiara: il Gange nasce poco più a monte. Non resisto e mi bagno le mani. È fredda. È sacra.


Non serve appartenere a una religione per percepire la sacralità di un luogo.

La giornata termina con una cena in compagnia di una partecipante proveniente dalla Malesia al ristorante Tulsi.


Il telefono sarà bandito sia in classe che ai pasti. Mi sembra una scelta molto sensata.

Chissà se riuscirò a fermare ancora queste emozioni.


Sabato 1 febbraio appuntamento alle 13 per il pranzo, poi alle 17:30 la cerimonia di apertura del corso.


Domenica 2 febbraio è il mio anniversario di nascita e so che la sera ci saranno i festeggiamenti… Ma come sarà organizzata la giornata?


Ho solo scoperto che faremo una prima full immersion di otto giorni tra pratiche e studio.


Sono curiosa di scoprire cosa mi riserveranno questi giorni intensi. So che ogni esperienza qui porterà con sé nuove consapevolezze, insegnamenti e incontri significativi.


Vi racconterò presto il seguito di questo viaggio (tempo permettendo).


Buona vita,

Agnese 🙂


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